Il compiacimento per quanto apparso nel quotidiano “Dolomiten” dello scorso 26 gennaio, in cui vengono accomunati Welschtirol e Südtirol, è indubbio e quanto mai inatteso. Si tratta di un inserto del Südtiroler Heimatbund dal titolo “Nicht nur feiern. Handeln!”. (Non solo festeggiare. Agire!) In esso si fa menzione di una data basilare per la storia della nostra terra : il 26 gennaio 1363, giorno in cui la contessa Margherita di Tirolo consegnò il Tirolo stesso ai duchi d’ Asburgo, del cui impero farà poi parte quasi ininterrottamente fino al 1918. “Welschtirol und Südtirol” ne verranno quindi separati dopo oltre cinque secoli di appartenenza all’Austria, per essere assegnati all’Italia. L’espressione “Gegen den Willen des Volkes” riportata nello scritto del Sütiroler Heimatbund è indicativa della ferma contrarietà all’ annessione al regno d’Italia da parte di un intero popolo, senza distinzione linguistica. Vale a dire un’ annessione aborrita fino agli estremi confini meridionali del Tirolo storico, e tale rimasta ben oltre la fine della seconda guerra mondiale. L’ azione nefasta di chi giunse a “civilizzare i rozzi montanari”, il sistema scolastico, l’ asservimento di buona parte della politica locale al governo di Roma, ha determinato nel tempo l’ indifferenza, quindi l’ ostilità immotivata di non pochi “trentini” nei confronti dei compatrioti di lingua tedesca e dei loro più elementari diritti. Una vittoria del nazionalismo italiano a scapito di secoli di storia! Un atteggiamento che si manifesta ancora oggi - oltrepassata la provincia di Bolzano - nel tripudio dei tricolori ad ogni piè sospinto, nelle volgarità di carattere etnico urlate nei campi di calcio, nella sottesa contrapposizione tra una cultura maturata per generazioni in un popolo unito e pacifico e le combattive associazioni d’ arma presenti sul territorio. E’ però universalmente inestinguibile il desiderio, da parte di chi ne è stato privato, di riappropriarsi, poco per volta, delle proprie radici. Come oggi sta accadendo, esso si rafforza nei “nipoti che ricordano ciò che i genitori avevano dimenticato” ma anche in chi si sente parte della propria terra e considera fratelli “coloro che l’ufficialità ci additava ostili rappresentanti di oscure pagine della storia”.